Friday, January 1, 2010

How To Wash A Mink Blanket

eccezionalità che diventa normalità

[December 28, 2009] Water Protected Areas and Biodiversity Planning and Climate territory

The exceptional becomes the norm, and perception (neutral) of nature to human use and consumption

Umberto Mazzantini

LIVORNO . Reading the news of these floods announced that disrupt water bodies, eat mountains, flood plains of a country that consumes fragile and immobile cement frenetic Chinese, come immediately to mind two or three things. The first is the obsessive reference to the exceptional event. A mantra of salvation and somehow comforting especially politicians and administrators who act as if now the "exceptional" had not become the norm, as if the "extreme events" were not already the daily climate that marks our time, as if the announcements made by scientists, environmentalists, IPCC and UNFCCC that this (exactly this) would happen, were a resounding amazed to discover that we renew every violent and prolonged storm. Flooding Christmas show that should soon think about the exceptional as normal as what to expect, to equip it to deal with what happens in one of the regions of the world, the Mediterranean, considered most at risk in various IPCC scenarios. But that water and mud that accrue to invade the streets and smashing doors also tell us that our calcoli sono sbagliati, proprio perché fatti con i dati della normalità, con i corsi e ricorsi decennali, centennali e duecentennali che non esistono più, spazzati via da un clima che non ubbidisce più a regole che credevamo immutabili. E se sono sbagliati i calcoli sono sbagliati anche i rimedi, le previsioni, le misure. Dai commenti e dalle proteste di questi giorni (anche di chi giustamente piange i suoi beni e trema per il pericolo scampato) emerge un'altra cosa con cui bisognerà fare i conti. Una cosa che ha a che fare con la politica, la cultura popolare e la percezione della natura . In molti, probabilmente la maggioranza, sono convinti che, grazie alla tecnologia ed all'intervento umano, tutte le catastrofi potrebbero essere evitate e se non lo sono è colpa della mancanza di infrastrutture, investimenti, uomini dedicati. Non è così (o meglio non è sempre e solo così). Al di là dell'argine che cede, delle nutrie (importate dall'uomo) che lo scavano, dell'alveo non pulito dal Consorzio... non esiste miracolo tecnologico che possa mettere per sempre al riparo l'uomo dalla natura, dalla sua forza benefica e devastante. Il pensarlo fa parte di quell'artificializzazione della realtà che stiamo vivendo, rispecchia, dalle nostre imbandite tavole natalizie, l'opposto fatalismo di chi nei Paesi poveri e poverissimi vive le catastrofi naturali come inevitabile, come volere di un Dio imperscrutabile. Pensare che basti alzare argini, spalmare cemento, imbrigliare e confinare altrove la forza della natura ci salverà da ogni pericolo è una vana speranza, l'uomo deve comprendere, o ritornare a comprendere, che ci sono posti non fatti per le sue case, le sue strade e le sua fabbriche, posti che la natura prima o poi si riprenderà. Occorre pensare alla terra non più come a qualcosa di immutabile, ma a qualcosa che si assesta, crolla, si muove, esonda, distrugge, modifica e crea. Allora occorre fargli spazio, perché nessuna barriera resiste. Ce lo dicono le molte tragedie "naturali" vissute dall'Italia in questo luttuoso 2009 di terremoti e frane, alluvioni e slavine. Anche le critiche alla Protezione civile sono abbastanza ingenerose, probabilmente la vigilia ha sorpreso molti volontari ed operatori con il panettone in bocca, la reazione è stata quella di un giorno di festa dove non ci si attende che pace e tranquillità, ma è proprio quanto si diceva prima: la natura e le sue forze sono sempre al lavoro, non conoscono soste e feste, si mettono in moto come, quanto e dove più le aggrada e l'uomo in quel momento (ri)diventa una parte del tutto e le sue ambiziose opere poco più di nulla.

Fateci caso, almeno in Toscana, in molte delle aree colpite dall'alluvione sono in progetto grandi infrastrutture, mega-supermercati, villaggi e porti turistici affacciati su spiagge erose, con il mare che ormai scava le strade... nessuno, salvo i soliti pochi, parla di rivedere queste scelte, in molti accusano i "verdi" di non aver lasciato fare (ma dove?) infrastrutture pesanti che probabilmente non sarebbero servite a nient'altro che ad amplificare i danni. Asciugata l'acqua e la rabbia, le autostrade e gli svincoli avanzeranno nel fango e i mobili svedesi arriveranno finalmente a Migliarino, si costruiranno i villaggi turistici alle foci dei fiumi che oggi fanno paura e le dighe foranee per ospitare un turismo nautico che si mangerà definitivamente quello balneare. L'uomo fa presto a dimenticare, la natura no. L'alluvione di Natale potrebbe essere un monito, un richiamo a far meglio, a comprendere le nuove dinamiche ambientali con le quali dovremo fare i conti, ma ne dubitiamo. Fino ad oggi l'esperienze che abbiamo vissuto (With rare exceptions) were those of securing the territory to continue to do what you did before and more than before. The result was often that of cementing further, "hardening" and infrastrutturizzazione that changed once the parameters of securing the area and sent back to the dangers that would have been avoided. If you put security in order to continue to build where you should not, if you rebuild where the water had resumed its old ways, there is probably something wrong. The great public work and postponed the recovery of our national territory has probably need to be built with an essential raw material: honoring existing balances, which are made even more sudden and violent imbalances, adaptation to the changing nature of the works of man and nature to man, not chasing an impossible dream of taming the Promethean power of nature with technology, but putting the technology in the service of human security and balance that we have helped to break.